Mariana Enriquez – Quando parlavamo con i morti

20 Ott

Un libriccino piccolo piccolo. Appena cento pagine, quasi formato tasca della giacca, tre racconti tutti ambientati nella Buenos Aires odierna, di cui uno che occupa metà libro. Eppure dentro c’è un mondo che ti esplode davanti agli occhi e allora ti accorgi che per quanto piccolo, questo libro è pieno. D’ansia, ma anche di bella scrittura e di stimoli a riflettere.

Nel primo racconto, quello che dà il titolo al libro, un gruppo di ragazzine si trova a giocare con una tavola ouija (avete presente no, quella del bicchierino, con lettere e numeri) nel tentativo di comunicare con i morti. Quali morti? Quelli che hanno voglia di parlare, ma anche con i desaparecidos. E con i propri familiari defunti. Finché qualcosa non va terribilmente storto.

Il secondo racconto, “Le cose che abbiamo perso nel fuoco”, inizia con una donna sfigurata dal marito con alcool e accendino, e prosegue con un’associazione di donne che si danno fuoco volontariamente per dare una lezione agli uomini: bruciarsi da sole per non essere bruciate da mariti, padri, compagni. Sfigurarsi per mostrare le cicatrici. Leggermente inquietante? Aspettate di leggere il terzo racconto.

“Bambini che ritornano” parla delle migliaia di casi di bambini scomparsi, rapiti, scappati di casa, chissà. Mechi si occupa di gestire l’archivio che li cataloga, e di aggiornarlo quando ci sono nuove informazioni. Si appassiona in particolare al caso di Vanadis, una prostituta quattordicenne dal fascino inarrestabile. All’improvviso, però, i bambini cominciano a essere ritrovati. Tutti. In blocco. Avete presente Villaggio dei dannati, il film? Ecco. Senza occhi accesi, ma la sensazione è quella.

A legare questi tre racconti, oltre a un sottile filo di inquietudine, c’è una scrittura pulita, quasi distaccata ma sempre precisa, analitica. Mariana Enríquez non si lascia andare ai sentimentalismi, descrive fatti incredibili con assoluta naturalezza.

È un bel libro? Sì, se non vi lasciate angosciare tanto facilmente. È un libro che rimane dentro, in un angolino, a spiarti.

Menzione speciale per la bella copertina di Margherita Barrera (e anche per la quarta: se aprite bene il libro e guardate fronte e retro insieme vi accorgerete che le ombre sono più inquietanti di quanto sembrano), e per il fatto che l’editore, oltre a citare ovviamente le traduttrici (Simona Cossentino e Serena Magi) cita sul frontespizio anche i revisori (Serena Magi e Vincenzo Barca).

Insomma, Caravan mi sembra proprio una casa editrice da tenere d’occhio, per la cura con cui sceglie e tratta le sue pubblicazioni.

Mariana Enriquez, Quando parlavamo con i morti
titolo originale: Cuando
hablábamos con los muertos
traduzione di Simona Cossentino e Serena Magi
caravan edizioni 2014
101 pagine, 9,50 €

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